Comunità Locali
Nel mese di aprile del 1859, quattro sacerdoti della Società diedero una Missione al paese e nell'estate del medesimo anno i nostri alunni vi potettero trascorrere le vacanze estive.
La chiesa e la casa furono inaugurate dal Cardinale Antonio Cagiano de Azevedo il 5 agosto del 1860, festa della Madonna della Neve.
Il rettore generale Don Raffaele Melia, in pari data, assegnò questa prima casa fuori Roma, Don Carlo Maria Orlandi, Don Raffaele Nenci ed il Fratello Antonio Toesca.
Nel 1863 i confratelli furono ritirati, per mancanza di membri e il ritiro fu affidato alla Congregazione degli Oblati di Maria Vergine.
Nel 1870 gli Oblati lasciarono ed il vescovo di Frascati, cardinale Nicola Paracciani, rinnovò il documento di possesso del 1858 ed i Pallottini ritornarono a Rocca Priora.
Vi dimorò a lungo Don Orlandi che a Rocca Priora costituì la Congregazione della Madonna della Neve col godimento di tutti i privilegi dell'Unione dell'Apostolato Cattolico.
Nel 1986 il noviziato da Masio fu trasferito a Rocca Priora divenendo così la casa di noviziato per tuttà la Società.
Nella divisione in province la casa fu assegnata alla Provincia Italiana, rimanendo casa di noviziato.
Sotto il maestro Don Eucherio Perini fu costruito il muro di recinzione. Nel 1937 furono eseguiti importanti lavori di ristrutturazione e di ampliamento, creando un ampio salone dormitorio sopra il soffitto della chiesa che prima era a botte e fu fatta una nuova elevazione dalla parte del cortile che guarda il paese.
I novizi, per alcuni anni, scrissero un manoscritto mensile chiamato "Eco del noviziato".
Dal 1950 è stata per circa trent'anni sede del seminario minore. Poi è tornata nuovamente casa di noviziato.
Attualmente tutto il complesso è fatiscente; due terzi del terreno sono stati venduti alla regione Lazio. L'edificio abbisogna di urgenti e profondi restauri.
Nel 1947 la provincia acquistò a Napoli, in via Alessandro Manzoni 1, l'ex clinica Bernabei con l'intento di avere una casa dove potessero sostare i nostri missionari che partivano o arrivavano dall'America. La casa fu chiamata "Villa Stella Maris" e fu adattata a convitto per gli studenti universitari.
Terminato il convitto universitario per ragioni logistiche, fu aperto un pensionato per tutti e diventò "Pensione degli Oleandri". In seguito, terminata anche questa attività, i locali furono affittati.
Nel 1964 una porzione del giardino fu ceduta alla Curia Arcivescovile, che vi costruì una chiesa parrocchiale dedicata a San Vincenzo Pallotti e affidata alla Società dell'Apostolato Cattolico, unitamente alla casa parrocchiale.
La Provincia Italo-Americana, venduta al generalato la casa in via Pettinari 64, comprò un terreno a Roma, in località Piazza d'Armi, per edificarci la casa per gli studenti dei corsi superiori. Il progetto fu redatto dall'architetto Carlo Lepri. Nell'agosto del 1924 fu posta la prima pietra. Il lavoro delle fondamenta fu molto laborioso, trovandosi la zona vicina al fiume Tevere. Finalmente nel 1926 il nuovo e grande edificio poté essere inaugurato.
Il 19 gennaio del 1926 vi furono condotti gli alunni di filosofia e teologia che nel frattempo erano stati ospitati nella casa di San Silvestro.
Furono invitate le suore Pallottine a collaborare nei lavori di cucina e di guardaroba.
Mancando nella zona le chiese, il Vicariato dichiarò la cappella del collegio oratorio pubblico.
Il collegio fu dedicato alla Regina degli Apostoli e nella cappella fu messa l'immagine, fatta dipingere dal Fondatore dal pittore Cesaretti.
Crescendo sempre più il numero dei fedeli, fu deciso di costruire, annessa al collegio, una chiesa pubblica anch'essa dedicata alla Regina degli Apostoli, che fu inaugurata proprio nel 1935, in ricordo del primo centenario della fondazione della Società.
La casa di via Ferrari è il centro ed il cuore della Provincia. Fu costruito per gli studenti del'Italia e degli Stati Uniti, è la sede della curia provincializia, della parrocchia, la sede della direzione degli associati all'Apostolato Cattolico, del calendario e della rivista "Regina degli Apostoli".
La nuova Ostia, che fu chiamata prima Ostia Mare, poi Lido di Roma e poi ancora Lido di Ostia, nacque tra il 1914 ed il 1916. Il primo nucleo era formato da pochi pescatori, da alcuni rifugiati speciali e da qualche operaio che non riusciva a trovare lavoro altrove.
Il senatore ingegnere Paolo Orlando progettò la ferrovia che avrebbe portato Roma al mare e fece il primo piano regolatore che prevedeva anche una Chiesa.
Con la costruzione della ferrovia elettrica che congiunge Roma ad Ostia con la quale i Romani, nello spazio di mezz'ora, si posso recare al mare, Ostia in breve tempo ha fatto rapidi progressi sì da indurre l'autorità ecclesiastica a credere indispensabile la costruzione di una Chiesa. Fu deciso quindi di costruire una Basilica monumentale dedicata per desiderio del Papa Benedetto XV a Maria SS.ma Regina Pacis, come voto per la fine della guerra ed augurio di speranza che i popoli non si scontreranno più in guerra.
In piena guerra nel 1917 il Papa ne parlò col Cardinale Vincenzo Vannutelli, vescovo di Ostia, perchè ne prendesse l'iniziativa. Il Cardinale d'accordo con le autorità competenti, scelse il luogo più adatto è il 12 giugno 1917. Il cardinale e l'ingegnere Paolo Orlando, procuratore legale del sindaco di Roma, firmarono l'atto di cessione di 2,500 mq di terreno per la Chiesa e 3,000 mq per accessori al prezzo di lire 1 al mq e consegnaro l'atto ai Padri Agostiniani che avevano la cura della Chiesa Cattedrale di Ostia Antica.
Il Cardinale si rivolse all'architetto Giulio Magni, dicendogli che il Papa desiderava un tempio per la pace al centro della nuova Ostia, rivolto al mare. Come un invito della Regina della pace a tutto il mondo.
L'architetto studiò il terreno e progettò una basilica classica, con cupola e campanile; un armonioso ed incantevole esterno, maestoso ed elevato l'interno; davanti alla chiesa un vasto piazzale con scalea e balaustra. Il tutto sopra una duna di fronte al mare. La Benedizione della prima pietra fu fatta dal Cardinale il 21 giugno 1919.
Una costruzione monumentale sopra un terreno sabbioso e a forte dislivello, richiese speciali accorgimenti. I Padri Agostiniani non osarono esporsi all'onere della costruzione e rinunziarono alla Parrocchia.
La costruzione si alzava rapidamente es anche i soldi raccolti finiron e i lavori si fermarono.
Il Cardinale Vincenzo Vannutelli vescovo di Ostia, conosceva i Pallottini e perché era stato titolare della Chiesa di San Silvestro in Capite e perché aveva conosciuto Don Marino negli Stati Uniti.. Chiese a lui se la Società lo avesse potuto aiutare a raccogliere fondi negli Stati Uniti ed avrebbe affidato in perpetuo alla Provincia la nuova Parrocchia. Passò molto tempo prima della risposta. Nel 1925 Don Marino divenne provinciale e Don Cardi finì il suo sessennio di generalato.. Fu accolta la richiesta del Cardinale e Don Cardi, il 1° luglio 1926, divenne primo parroco della nascente Ostia Mare.
Non c'era nulla; non un altare per la celebrazione, non un luogo dove raccogliere i fedeli, e tanto meno una casa dove il parroco potesse abitare. Don Cardi ricordò i tempi della costruzione di S. Anna a New York, quando lui e Don Perini mangiavano qualcosa su una botte e dovevano andare a dormire al monte Carmelo, ma ad Ostia non c'era neppure gente da raccogliere e da istruire.. Don Cardi ci ha lasciato una paginetta di quei primi tempi.
"Ottenuto il Beneplacito Apostolico, il 1° luglio 1926, fu preso possesso della Parrocchia Regina Pacis in Ostia Mare. Fu costruita una cappelletta, lì dove dopo fu costruita la grande scalinata. Furono raccapezzate dodici sedie, alcune panche. Sei veccchi candelieri ed una scopa. Per un mesi si andava da Roma al mattino e si tornava di sera. Poi furono messe su due camerette dietro la cappella. Verso i primi di agosto furono comprate le statue della Pietà, di S. Antonio e della Regina della Pace. Il 15 agosto fu benedetta la statua della Regina della Pace; assistettero alla funzione un centinaio di persone e il discorso lo fece don Messina Emaniele, vice parroco di S. Eustachio in Roma.
Fu deciso di cominciare a costruire la casa parrocchiale; il progetto fu fatto dall'architetto Magni, al quale, il 21 febbraio 1927, furono date lit. 10.000. Durante i lavori veniva spesso il Cardinale Vannutelli e parecchie volte salì fino all'impalcatura del tamburo; e aveva 92 anni! Venne due volte il Card. Gasparri.
Quando fu terminata la volta, il Cardinale, il Ministro Rocco e Signora, giornalisti, autorità civili di Ostia ecc. presero parte ad un rinfresco offerto lassù dalla ditta Loni.
Il 20 dicembre 1928 il cardinale volle inaugurare la Basilica. Si lavorò giorno e notte. Il 19 la ditta Marinelli portò le cinque campane, ma il campanile non era finito, e le campane furono sospese nella piazza con l'ordine che nessuno le toccasse, prima che il cardinale avesse inaugurato la Basilica. Invece il 20 dicembre, alle 6 del mattino, le campane squillarono; un capitano a riposo mi disse: - Ero a letto e nel sentire la prima volta quelle campane, piansi come un bambino -.
Alle 8 arrivò S. Silvestro in Capite fra Nicola Palombi con i ricchi paramenti di quella chiesa. Alle 10 arrivò puntuale il Cardinale, più tardi il Principe Boncompagni. Dalla cappelletta uscì la processione per la benedizione della Basilica. Il Cardinale celebrò la Messa e fece il discorso; gli alunni del Collegio di Roma cantarono vari mottetti. A sera, con una preocessione improvvisata, furono portate nella Basilica le statue dalla cappelletta. A Natale ci fu il primo grande concorso di popolo alla Messa".
Questo è il racconto di Don Cardi, che ha paura di esporre sé stesso: ci pensò Don Ranocchini a riempire i vuoti lasciati da lui. Ciò che importava a Don Cardi era di non pesare sul bilancio della povera provincia, e abbracciò in silenzio tutti i sacrifici che la situazione gli presentava.
Non c'era né chiesa, né casa. Fu improvvisata tra la sabbia e i cespugli una cappella tirat su a un filo di mattoni; quando soffiava lo scirocco, il pavimento si ricopriva di sabbia e fogliame: non c'erano finestre e la porta stava quasi sempre aperta. Don Giacinto si fornì di una scopa ben robusta ed ebbe dal cantiere una pala, e scopava lui la sua cappella. L'arredamento consisteva in un vecchio altare con tabernacolo di legno e sei vecchi candelieri. Tra l'altare e il muro c'era un pò di spazio: era la sagrestia, che custodiva pochi e vecchi paramenti.. Nella cappella c'era il vuoto ed il vuoto c'era anche lì intorno, poiché cominciava appena a sorgere qua e là qualche casetta, distante l'una dall'altra, come avessero paura d'incontrarsi.
Don Giacinto andava e veniva ogni giorno da Roma; era riuscito a strappare una tessera gratuita all'amministrazione della ferrovia. Le suore a Roma gli preparavano un pacchetto, sempre uguale: pane, salame e formaggio.
Passava molto tempo in preghiera, poi si metteva sulla porta della cappella in attesa di qualche passante, per conoscere la sua gente. Poi suonava una campanella - c'era infatti una campanella attaccata dietro il muro della cappella - e celebrava la S. Messa con le tre o quattro persone che si erano radunate; ma non lasciava mai dir loro una buona parola; lo stesso rituale si ripeteva alla sera, per il Rosario e la Benedizione.
Finalmente, dopo 23 anni di attesa, intralci burocratici, rinvii, arrivò il giorno dell'inizio della costruzione della Chiesa. Il 19 novembre, dopo la celebrazione Eucaristica nel vecchio salone adibito a chiesa, presieduta dal Vescovo Mons. Giovanni Marra, si è snodata una processione che, preceduta dalla Croce, si è portata sul terreno dove era stato allestito il cantiere per la costruzione. C'erano tanti sacerdoti Pallottini, venuti da ogni parte del mondo per l'Assemblea Generale, tante suore Pallottine e di altre Congregazioni religiose, il P. Generale, il Padre Provinciale e tanti fedeli della Borgata.
La Pietra è stata presa dalla Porta Santa di S. Pietro nell'anno straordinario della Redenzione. Il Vescovo l'ha benedetta insieme al cantiere ed al terreno circostante. Viene calata la pietra angolare insieme ad altri segni: monetine portate dai Pallottini rappresentanti L'Australia, l'Africa, gli Stati Uniti, l'Europa e l'Asia, un sasso della Terra Santa ed un granellino di senape. Su questa pietra sarà costruito l'Altare Maggiore.
Già nel 1987 il vescovo di Venice, in Florida, aveva inviato un confratello della Società dell'Apostolato Cattolico nella sua diocesi come direttore della scuola d'informazione per i laici e i diaconi permanenti. Il vescovo aveva promesso di assegnare in seguito una parrocchia.
Nel 1991 fu affidata la parrocchia di Santa Marta, in Sarasota.
Era una parrocchia, vasta, popolosa, ben organizzata e ricca di molteplici attiità sociali e caritatevoli.
Fu nominato parroco Don Fausto Stampiglia e gli fu dato come assistente Don Gaetano Tocco, poi fu supportato per vari anni dall'aiuto di vari confratelli indiani.
Alla parrocchia furono unit quattro Fratelli di una congregazione fondata dal vescovo Mons. Bernardini, rimasti soli, si unirono alla Società dell'Apostolato Cattolico.
Don Vincenzo era direttore spirituale dei collegi di Roma Inglese e Irlandese. Aveva buoni rapporti con i futuri cardinali Acton e Wiseman. Seguiva, con interesse, il movimento religioso di Oxford e sognava un ritorno dell'Inghilterra alla Chiesa di Roma. Nell'Ottocento ci fu un forte incremento emigratorio degli Italiani verso l'Inghilterra.
Nel 1839 gli fu richiesto di inviare uno dei suoi sacerdoti a Londra per affidargli l'ufficio cappellano della Regia Cappella Sarda.
Don Vincenzo ne parlò con Don Raffaele Melia e quesi diede la propria disponibilità. Ma non potè partire prima del 1844. Era cappellano degli Italiani in una chiesa officiata da inglesi.
Don Raffaele si mise subito al lavoro e gli Italiani andavano numerosi ad ascoltare la Messa ed accostarsi ai Sacramenti.
Gli Italiani erano molto bisognosi di assistenza spirituale e materiale. Il Melia scrisse a Don Vincenzo esponendo vari bisogni e l'impossibilità della coesistenza di una cappella italiana ina chiesa inglese.
Don Vincenzo si rivolse al conte Broglia per avere un locale da adattare a chiesa.
Si sentiva forte la necessità di una chiesa nazionale italiana. Don Vincenzo sposò l'idea del Melia e fece arrivare al re Carlo Alberto un'istanza di poter acquistare un terreno.
Nel mese di ottobre del 1847 fu mandato a Londra anche Don Giuseppe Faà Di Bruno.
Intanto il reverendo Don Fiorenzo Hardinge Ivers, aggregato all'Apostolato Cattolico, aveva costruito a Kentishtown, una chiesa in onore del patrizio romano S. Alessio e fu costituito dalla Società dell'Apostolato Cattolico rettore perpetuo di questa chiesa.
Il 14 luglio 1848 Don Vincenzo aveva destinato per questa chiesa un rilievo marmoreo di S. Alessio, che poi, per difficoltà di spedizione restò a San Salvatore in Onda ed è tuttora collocato sull'altare sinistro guardando l'altare maggiore.
Don Vincenzo aveva ottenuto dal Papa per l'erigenda chiesa di San Pietro di Londra che la proprietà, la direzione e l'amministrazione fossero date in perpetuo alla Pia Società dell'Apostolato Cattolico.
Nel febbraio del 1849 Don Melia, che dal 1847 era rimasto bloccato a Roma, poté tornare a Londra e Don Faà Di Bruno si recò a Kentishtown per collaborare con Don Ivers.
I Padri di Londra, con grandi difficoltà, riuscirono a costruire la grande chiesa di San Pietro. Don Faà, per pagare i debiti, girò per la Francia, la Germania, l'Austria, la Svizzera, la Russia, la Spagna ed il Piemonte.
Finalmente nel 1863, con grande solennità, poté essere inaugurata, la più grande, in quei tempi, chiesa cattolica di Londra. Nella divisione delle Province la chiesa fu assegnata alla Provincia Irlandese.
Nel 1952 la Chiesa italiana e gli edifici circostanti, dietro compenso, furono affidate alla Provincia Italiana.